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Dalle indagini condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo è emerso un quadro chiaro: l’associazione criminale al centro dell’operazione Saline aveva consolidati rapporti con altri gruppi dediti allo spaccio di droga, tra cui una rete composta da soggetti di etnia rom attiva nel quartiere Rancitelli di Pescara.
Le attenzioni degli investigatori si sono ora concentrate sulla seconda fase dell’operazione, che punta a smantellare l’intera rete legata agli albanesi originari di Scutari. Questi avevano individuato nei comuni di Montesilvano e Città Sant’Angelo le basi logistiche ideali per organizzare i loro traffici illeciti.
L’organizzazione si muoveva tra due poli principali: da un lato, i produttori di stupefacenti – con ogni probabilità attivi in Albania – e, dall’altro, i referenti dello spaccio in Italia, principalmente nel pescarese. I proventi delle vendite venivano poi trasferiti e reinvestiti nel Paese d’origine, mentre in Italia erano le famiglie rom a occuparsi della distribuzione al dettaglio, arrivando fino alla vendita delle singole dosi per strada, in particolare a Rancitelli.
L’inchiesta, coordinata dalla PM Roberta D’Avolio della Direzione Distrettuale Antimafia dell’Aquila, ha inoltre portato alla scoperta di un capannone a Piadena Drizzona, in provincia di Cremona, trasformato in una vera e propria fabbrica della droga. Lì sono stati sequestrati oltre 420 chili di marijuana e identificati diversi lavoratori, impiegati anche in condizioni di semi-permanenza all’interno della struttura.
Il giudice per le indagini preliminari, Marco Billi, ha sottolineato nella sua ordinanza come l’ampiezza geografica dell’organizzazione, la capacità di gestire a distanza le coltivazioni, e l’efficienza logistica nella distribuzione dello stupefacente siano segnali evidenti della solidità e dell’elevato livello organizzativo del sodalizio criminale.
A capo dell’organizzazione, secondo gli inquirenti, vi era Edison Precetaj, 42 anni, già condannato a oltre 20 anni di reclusione ma in regime di semilibertà. Ogni giorno lasciava il carcere di San Donato alle 7.45 per rientrare alle 19.30, ufficialmente per lavorare nella società di autonoleggio intestata alla moglie. In realtà, secondo l’accusa, durante quelle ore gestiva direttamente le operazioni di approvvigionamento della droga tramite corrieri romeni e manteneva i contatti con diversi gruppi criminali attivi sul territorio.
Tra le 12 persone arrestate, figura un solo abruzzese: Fausto Finocchi, 56 anni, residente a Città Sant’Angelo. Gli investigatori lo considerano una figura di riferimento, un “consulente” in grado di fornire indicazioni strategiche sugli investimenti in droga. L’ultima sua raccomandazione sarebbe stata quella di puntare sull’eroina proveniente dalla Siria.