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PESCARA. Sono le 9:20 di martedì scorso quando Riccardo Zappone, già alterato dall’assunzione di cocaina, si presenta in evidente stato di agitazione davanti a un’officina situata lungo la strada comunale Piana, il rettilineo che conduce al quartiere San Donato. È fuori controllo. Si scaglia contro il meccanico, Angelo De Luca, e in pochi istanti scoppia una violenta lite che degenera fino a coinvolgere altri due uomini. Il traffico si blocca, alcuni automobilisti filmano la scena con il cellulare: è il caos.
Poco dopo arrivano gli agenti di polizia. Vengono utilizzate due scariche di taser per cercare di contenere Riccardo, ma inizialmente si teme che siano state proprio quelle a causare la sua morte. Solo l’autopsia chiarirà un primo, fondamentale punto: Riccardo è deceduto a causa di una “sommersione interna emorragica da trauma toracico chiuso”. Un esito che aggiunge altri interrogativi a una vicenda ancora tutta da ricostruire, la storia di un ragazzo fragile, proveniente da una famiglia stimata e conosciuta in città.
Le indagini, ancora in corso, si concentrano ora anche sulle comunicazioni telefoniche. La Procura ha chiesto di acquisire messaggi e tabulati degli indagati, in particolare tra il 2 giugno e il momento del sequestro degli apparecchi. L’obiettivo è stabilire se l’arrivo di Riccardo in officina fosse frutto di un appuntamento concordato o se si sia trattato di una casualità. Si indaga anche sulla possibile correlazione tra un prelievo di denaro, l’acquisto di droga e l’origine della lite che ha portato alla tragedia.
Un altro punto cruciale riguarda l’intervento della polizia. Secondo indiscrezioni, esisterebbe un video, custodito nel cellulare di uno degli indagati, in cui si vede Riccardo steso a terra, prono, mentre gli agenti cercano di ammanettarlo prima di caricarlo in auto.
Nel frattempo, la difesa del meccanico – rappresentata dagli avvocati Marco D’Apote e Salvatore Acerbo – ha lanciato un appello pubblico, attraverso le pagine del quotidiano Il Centro, rivolto a chiunque abbia visto o ripreso qualcosa quel giorno. Alcuni testimoni oculari avrebbero utilizzato il telefonino per filmare gli attimi concitati: quei frammenti video potrebbero rivelarsi decisivi per chiarire le responsabilità.
Restano da capire molti elementi in questa tragica vicenda. Gli ultimi istanti di Riccardo, forse legati a un debito di droga, si sono consumati in mezzo alla strada. Una giovane vita spezzata in circostanze ancora tutte da chiarire.
La morte di Zappone legata a un debito di droga: ipotesi omicidio premeditato
PESCARA. Riccardo Zappone sarebbe stato ucciso intenzionalmente. È quanto emerge dal decreto di perquisizione firmato dal pubblico ministero Gennaro Varone, che ha formalmente modificato il capo d’accusa nei confronti dei tre uomini coinvolti, ora indagati per omicidio volontario. Inizialmente erano accusati solo di lesioni aggravate, dopo la violenta lite con il 29enne, scoppiata nell’officina di strada comunale Piana e conclusasi poco più avanti, all’inizio di San Donato.
Secondo la ricostruzione della Procura, Angelo De Luca (60 anni), titolare dell’officina, il fratello Paolo De Luca (54) e il genero Daniele Giorgini (36) avrebbero aggredito Riccardo con calci e pugni, causandogli un trauma toracico chiuso e un’emorragia interna rivelatasi fatale. Il tutto potrebbe essere nato da un conflitto pregresso, legato – secondo gli inquirenti – a due possibili motivi: droga e denaro.
Dagli accertamenti tossicologici eseguiti dal professor Cristian D’Ovidio nell’ambito dell’autopsia, è emerso che Riccardo aveva assunto cocaina. Le indagini della squadra mobile hanno inoltre rilevato che la mattina del 3 giugno il giovane aveva prelevato 200 euro dal proprio conto, ma al momento dell’arresto ne aveva con sé solo 30. Da qui l’ipotesi della Procura: che quella somma sia stata usata per acquistare droga. Resta da chiarire se tale compravendita sia in qualche modo collegata ai tre indagati, o anche solo a uno di loro – in particolare Paolo De Luca, già noto alle forze dell’ordine.
Per questo motivo sono stati sequestrati i telefoni cellulari dei tre, allo scopo di verificare la presenza di messaggi pertinenti, tracce di sostanze stupefacenti o appunti legati alla cessione di droga. Proprio dai contenuti dei dispositivi si attendono ulteriori risposte: lunedì è prevista la nomina dell’esperto informatico Davide Ortolano per l’analisi tecnica.
Intanto, l’autopsia ha escluso il taser – utilizzato dalla polizia durante il fermo – come causa diretta del malore che ha portato alla morte del giovane. Tuttavia, restano da chiarire i rapporti causali tra l’aggressione e l’emorragia interna. Le telecamere di sorveglianza pubblica avrebbero ripreso chiaramente la fase del pestaggio da parte dei tre uomini, mentre un secondo video, custodito nel cellulare di uno degli indagati, mostrerebbe Riccardo steso a terra, pancia a terra, mentre gli agenti cercano di ammanettarlo per caricarlo sull’auto di servizio.
Secondo quanto riportato nel capo d’imputazione del pm, Riccardo «poco prima del malore, sintomo della patologia che ne ha causato il decesso, è stato percosso con violenza anche mediante un bastone di legno, riportando ferite sanguinanti». Il bastone sarebbe in realtà un manico di scopa, utilizzato presumibilmente dal genero del meccanico e spezzatosi durante l’aggressione. La ferita più grave, localizzata nella parte posteriore del cranio, potrebbe essere stata causata dalla caduta a terra in seguito a una spinta ricevuta – come dichiarato dallo stesso Angelo De Luca in un’intervista al Centro.
«Quella ferita era vecchia, incrostata – si è difeso De Luca – e si sarebbe riaperta nella caduta, come il sangue secco trovato sotto il naso del ragazzo». Ma le immagini e gli esami medico-legali racconteranno un’altra verità, da incrociare con i dati digitali e le testimonianze. L’inchiesta è ancora in corso.